Perché amo la scuola

«Perché amo la scuola? Proverò a dirve­lo.
Ho un’immagine. Ho sentito qui che non si cresce da soli e che è sempre u­no sguardo che ti aiuta a crescere. E ho l’immagine del mio primo insegnante, quella donna, quella maestra, che mi ha preso a 6 anni, al primo livello del­la scuola. Non l’ho mai dimenticata. Lei mi ha fatto amare la scuola. E poi io so­no andato a trovarla durante tutta la sua vita fino al momento in cui è man­cata, a 98 anni. E quest’immagine mi fa bene!
Amo la scuola, perché quella donna mi ha insegnato ad amarla. Que­sto è il primo motivo perché io amo la scuola. Amo la scuola perché è sinoni­mo di apertura alla realtà. Almeno co­sì dovrebbe essere! Ma non sempre rie­sce ad esserlo, e allora vuol dire che bi­sogna cambiare un po’ l’impostazione. Andare a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. E noi non abbia­mo diritto ad aver paura della realtà! La scuola ci insegna a capire la realtà.
An­dare a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. E questo è bellissimo! Nei primi anni si impara a 360 gradi, poi piano piano si approfondisce un indirizzo e infine ci si specializza. Ma se uno ha imparato a imparare – è questo il segreto, impa­rare ad imparare! – questo gli rimane per sempre, rimane una persona aper­ta alla realtà! (...) Un altro motivo è che la scuola è un luogo di incontro. Perché tutti noi sia­mo in cammino, avviando un proces­so, avviando una strada. E ho sentito che la scuola – l’abbiamo sentito tutti oggi – non è un parcheggio. È un luogo di incontro nel cammino. Si incontra­no i compagni; si incontrano gli inse­gnanti; si incontra il personale assi­stente. I genitori incontrano i profes­sori; il preside incontra le famiglie, ec­cetera. È un luogo di incontro. E noi og­gi abbiamo bisogno di questa cultura dell’incontro per conoscerci, per a­marci, per camminare insieme. E que­sto è fondamentale proprio nell’età del­la crescita, come un complemento al­la famiglia. La famiglia è il primo nucleo di relazioni: la relazione con il padre e la madre e i fratelli è la base, e ci ac­compagna sempre nella vita. Ma a scuola noi “socializziamo”: incontria­mo persone diverse da noi, diverse per età, per cultura, per origine, per capa­cità. La scuola è la prima società che integra la famiglia. La famiglia e la scuo­la non vanno mai contrapposte! Sono complementari, e dunque è importan­te che collaborino, nel rispetto reci­proco. E le famiglie dei ragazzi di una classe possono fare tanto collaborando insieme tra di loro e con gli insegnan­ti. Questo fa pensare a un proverbio a­fricano tanto bello: “Per educare un fi­glio ci vuole un villaggio”. Per educare un ragazzo ci vuole tanta gente: fami­glia, insegnanti, personale non docen­te, professori, tutti! Vi piace questo pro­verbio africano? Vi piace? Diciamolo insieme: per educare un figlio ci vuole un villaggio! Insieme! Per educare un figlio ci vuole un villaggio! E pensate a questo. E poi amo la scuola perché ci e­duca al vero, al bene e al bello. Vanno insieme tutti e tre. L’educazione non può essere neutra. O è positiva o è ne­gativa; o arricchisce o impoverisce; o fa crescere la persona o la deprime, per­sino può corromperla. E nell’educa­zione è tanto importante quello che ab­biamo sentito anche oggi: è sempre più bella una sconfitta pulita che una vit­toria sporca! Ricordatevelo! Questo ci farà bene per la vita.
Diciamolo insie­me: è sempre più bella una sconfitta pulita che una vittoria sporca. Tutti in­sieme! È sempre più bella una sconfit­ta pulita che una vittoria sporca!»

Papa Francesco, in occasione dell'incontro con il mondo della scuola, Roma 10 maggio 2014

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