Czeslawa Kwoka, morta a 15 anni

Quando i tuoi occhi incontrano gli occhi del'altro come fai a non riconoscervi te stesso?
Non sto vaneggiando, ragazzi, ma non faccio altro che ripetere, questa volta in modo diverso, quanto diceva la canzone con cui abbiamo aperto l'anno scolastico. Ricordate? "Io sono l'altro" è il brano di un cantautore italiano che, in un certo senso, sta facendo da sfondo a tutte le proposte dell'ora di religione di questo anno scolastico.
"L'altro" che oggi vi propongo è una persona reale: una ragazzina poco più grande di voi.
Una ragazza poco più grande, al tempo della foto, anche di Liliana Segre, che già conosciamo e che allora di anni ne aveva tredici (come molti di voi, oggi).
Le cronache di questi giorni continuano, purtroppo, a raccontarci di intimidazioni, minacce e commenti indegni rivolti alla signora Segre, come se la barbarie di allora non avesse rinunciato ad appestare i pensieri di tanta gente.
Come si fa, guardando gli occhi di questa ragazza, a rimanere indifferenti?


CZESLAWA KWOKA - MORTA AD AUSCHWITZ A 15 ANNI. 
Non tutti i volti dei prigionieri, immortalati nelle fotografie durante il periodo di internamento nei campi di sterminio, hanno un nome. Anche se vogliamo ricordarli comunque, uno a uno. Queste fotografie, però, appartengono a una bellissima ragazza di 15 anni; Czeslawa Kwoka. 
Tutto quello che ci resta di Czesɫawa Kwoka è una serie di tre scatti che la inquadrano durante la sua prigionia nel campo di sterminio nazista di Auschwitz- Birkenau. Ci arrivò nel dicembre del 1942 insieme alla madre, ci morì nel marzo 1943 (un mese dopo la mamma) e non aveva ancora 15 anni. 
In questi scatti Czeslawa guarda dritto nella fotocamera del fotografo. Il fotografo è un prigioniero, polacco: un ventenne di nome Wilhelm Brasse, il cui gesto di ribellione al nazismo fu quello di non bruciare l’archivio fotografico che aveva contribuito a creare. 
Lo sguardo si Czeslawa è forte, determinato. Ma al contempo così puro. Una straordinaria bellezza da far male. Degli occhi asciutti dalle lacrime, che aveva versato poco prima. Si nota subito, negli scatti, un graffio sul volto. La spiegazione della ferita al labbro l'ha spiegata successivamente il fotografo: «Era così giovane e terrorizzata. La ragazza non capiva perché si trovasse lì, e non riusciva a capire quello che le era stato detto. Quindi una donna Kapo’ (chiamata anche Blokowa) prese un bastone e la picchiò sul volto. Questa donna tedesca stava sfogando tutta la propria rabbia sulla ragazza. Una bella ragazza, così innocente. La ragazza pianse, ma non poteva far niente. Prima che le scattassi la fotografia, la piccola si asciugò le lacrime e il sangue dal taglio sul labbro. A dire la verità, mi sono sentito come se fossi stato colpito io stesso, ma non ho potuto interferire. Sarebbe stata un’interferenza fatale. Non potevi dir nulla» 
Fonte: pagina FB di Un ponte per Anne Frank

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