Libertà è fiducia. Come sul trapezio.
Abbiamo imparato a raccontare la libertà come qualcosa da conquistare una volta per tutte o, peggio ancora, da «possedere». E invece, per sua intima natura, la libertà è proprio ciò che sfugge alla presa. Se la fermassimo, se la stabilizzassimo, non ci sarebbe più. Uccisa dalle pretese del controllo. Ciò però non significa che la libertà possa esistere solo nel magico istante della scelta; al contrario, riducendola all'ebbrezza di questo suo momento primo, d’esordio, le si impedisce di compiere il suo vero scopo: rigenerare il mondo facendolo sempre nuovo e, per questa via, affezionarsi. Così da trasfigurare – pur senza eliminare – la sua originaria solitudine.
La libertà sa ingaggiarsi con la realtà, è capace di abitare il limite di ciò che crea, senza rimanerne prigioniera. La libertà non è, insomma, solo e soltanto liberazione da ogni catena, perché la libertà è qualcosa di più: un compito eccitante ma anche difficile e doloroso.
La libertà non è mai solo un affare individuale, ma sempre e fondamentalmente una relazione. Aperta. Che prende forma dentro ordini sociali, culturali e istituzionali. Quel che sappiamo è che, guardando lo stato del mondo, non possiamo più nasconderci dietro la nostra presunta innocenza: come non vedere che tutta la libertà che abbiamo liberato produce effetti distruttivi che ci ricadono addosso sotto forma di disuguaglianza sociale, crisi po-litica, distruzione dell’ecosistema?

Come ogni acrobazia, anche la libertà ha le sue regole che occorre conoscere: richiede metodo e preparazione così come coraggio, creatività e passione, senza cui si diventa soltanto meri esecutori. E come in ogni esercizio, è importante essere aperti alla contingenza, saper adattare il copione sulla base della pluralità imprevedibile delle situazioni. Alla fine occorre lanciarsi e lasciarsi andare, vincendo anche la paura di essere guardati e giudicati, giacché se ci lasciamo bloccare dal timore del giudizio non avremo mai la possibilità di esprimere concretamente chi siamo e di cosa la nostra libertà è capace. Per essere buoni acrobati occorre essere leggeri e decisi, senza mai irrigidirsi ma sapendosi adattare al movimento altrui. Occorre avere intuito, reagire con prontezza, fidarsi di sé e degli altri, imparando a guidare e a seguire, senza voler avanzare a tutti i costi, sapendo invece fare un passo di lato, quando serve. A volte fermarsi e ricominciare. Non si tratta tanto di essere spontanei, quanto di essere pazienti e umili, accettando che il lungo percorso di apprendimento non giunga mai a compimento, ingaggiandoci per l’intero arco dell’esistenza: un percorso fatto di prove, allenamenti, errori, fallimenti. Dove si cade mille volte. Ma dove ogni volta ci si può rialzare, specie se avremo avuto cura di salvaguardare le reti sociali primarie e di edificare solide reti istituzionali. Vivere acrobaticamente non tollera alcun autocompiacimento. Quando ci si illude di aver imparato ogni passo e di avere tutto sotto controllo, il rischio di sbagliare è più alto.
Desiderata e praticata, la libertà sorprende e spiazza. Sempre. Se riusciamo a riconoscerla è perché un bel giorno, voltandoci indietro, ci possiamo accorgere di un movimento insperato e imprevedibile che ha cambiato il corso della vita. Questa è la libertà.
Commenti
Posta un commento