La trasfigurazione del Beato Angelico

Ogni tanto propongo la lettura di alcune opere d'arte.
La fonte a cui il più delle volte attingo è la rubrica di Avvenire  "Dentro la bellezza" a cura di suor Gloria Riva.
L'articolo del 6 agosto 2015 ci aiuta a leggere "La trasfigurazione" del Beato Angelico:
«Non è un uovo quello che incornicia il Cristo trasfigurato del Beato Angelico, ma una mandorla di luce. Chi non ha avuto occasione di notare opere in cui Dio Padre, o Cristo, o la Madonna stanno dentro una mandorla? O ancora: chi, sposandosi, non ha regalato confetti alla mandorla? La forma della mandorla, prodotta dall'intersezione di due curve dello stesso diametro, rappresenta l’unione tra cielo e terra, fra spirito e materia. Essa rimanda anche alla forma del pesce e di tutti gli orifizi umani: occhi, bocca ma anche alla vescica, non a caso il nome tecnico assegnatole nell'arte è vesica piscis.
In tal senso la mandorla è rimando alla vita e alla fecondità femminile; per questo, nei matrimoni, invalse l’uso di regalare dolci a base di mandorle ricoperte di zucchero bianco, simbolo della verginità della sposa destinata a diventare feconda grazie alle nozze.
Nel Convento di san Marco in Firenze, per accedere alla cella n° 6 si passa di fronte alla Madonna, detta delle ombre, dove la Vergine seduta in trono indica il Cristo Bambino benedicente con il mondo in mano. L’antico monaco che, lasciando la luce dell’abito del divino Infante, entrava nella cella n°6, contemplava un altro abito candido, quello del Cristo trasfigurato che, pur nel fulgore della luce da risorto, apriva le braccia in croce. Solo il beato Angelico ha saputo fondere così sapientemente l’evento della trasfigurazione con la crocifissione, insegnando ai monaci che le sofferenze, se sopportate con Cristo, portano a una vita nuova e a una gloria duratura, come gloriosa appare la mandorla che avvolge il Cristo trasfigurato.
La mandorla, come la noce, per il suo guscio di legno che cela una polpa candida e per il suo sapore, che nella dolcezza del frutto conserva un gusto amarognolo, evoca il legno della croce che ci ha dato il frutto buono della risurrezione. E noi siamo lì, idealmente rappresentati dai tre discepoli che nella postura raccontano il loro destino. Pietro, a destra, in ginocchio a mani levate, rappresenta quanti, pur scelti per un ministero, fanno esperienza della loro fragilità. Giacomo di spalle, mentre si fa scudo con la mano per proteggersi dal bagliore del Cristo, è vicinissimo ai piedi del Maestro: egli indica quanti in una vita breve e sofferta seguono da vicino le orme di Gesù. Giovanni disegna il profilo degli assetati di verità: è l’unico che guarda il Mistero e tende le mani verso di esso quasi volesse abbeverarsi alla sua luce. Se rompere la mandorla porta al frutto, andare oltre la croce porta l’uomo al compimento di un destino buono che proprio la sofferenza rivela».

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