Trans-umanismo

Parola strana che è invece il caso di comprendere perché, come dice Albert Cortina, un'autorità in merito a questa tematica, «Mi sembra che ci troviamo in un momento cruciale, in cui il transumanismo sta per compiere il grande balzo: ancora non è forte e radicato, ma potrebbe diventare un’ideologia diffusa. Desidero che la si guardi bene in faccia e si consideri in che modo la cultura cristiana possa porsi di fronte a essa». 
Riprendo l'intervista di L. Servadio pubblicata su Avvenire del 10 dicembre 2022. 

In che modo si diffonde? 
Per esempio nei videogiochi che presentano cyborg, cioè esseri umani con parti cibernetiche che ne aumentano la potenza fisica o mentale. In certe espressioni artistiche, che privilegiano una visione postumana e cercano di sperimentare col corpo umano, facendone un oggetto plasmabile: si comincia coi tatuaggi e i piercing per arrivare a impiantare microchip per aumentare le proprie prestazioni. O nella tendenza ad allungare artificialmente la vita, magari trasfondendola in una memoria elettronica o con manipolazioni genetiche. 
Beninteso, vi sono tanti aspetti positivi nel modo in cui la tecnologia può migliorare la vita e sopperire a problemi fisici, per esempio permettendo di camminare anche a chi ha perso le gambe. La questione è apprezzare i limiti, evitare di assolutizzare, scongiurare l’ipotesi che l’essere umano divenga un robot bionico, cosa verso cui invece tendono alcuni sviluppi delle biotecnologie e delle nanotecnologie. 

Sono tecnologie che consentono anche il controllo della popolazione. 
Già si constata in Cina, con l’uso di sistemi informatici per classificare e controllare le persone nei loro movimenti, così come nel limitare il diritto di accedere a certe prestazioni in funzione del punteggio assegnato a ciascuno dal potere centrale. 

La logica del metaverso va in questa stessa direzione?
Il metaverso crea un mondo parallelo, nasce come gioco e può assorbire a tal punto la vita delle persone che queste finiscono per non avere più relazioni reali con altri esseri umani. Questa vita fittizia è come una grande fantasia in cui ognuno può inventarsi le proprie regole, come se la realtà non esistesse più. Un mondo dove avvengono guerre ma senza conseguenze, non ci si fa male: il male consiste nel lasciare che quel mondo ti assorba sempre di più, trasportandoti via dal mondo reale. E certo, anche qui, chi lo controlla finirà per influenzare chi ne usa. 

Una nuova utopia. 
Qualcosa che si insinua ovunque grazie ai suoi aspetti positivi: sono tecnologie che possono aiutare a migliorare la vita. Ma, ancora, se assolutizzate queste stesse tecnologie scatenano desideri illimitati. [...]

Qualcosa che la cultura cristiana non può accettare. 
Fino a due secoli fa in Europa tutto si spiegava alla luce della fede. Poi s’è diffuso il verbo della tecnologia – con tutti i suoi pregi beninteso, ma anche coi suoi limiti che con chiarezza constatiamo nell’inquinamento diffuso per esempio. Con l’ideologia transumani-sta ci troviamo di fronte a una possibile nuova tecnoreligione: la religione della tecnica, fondata sul dogma che la tecnologia sia onnipotente. Che la superintelligenza alla quale si può giungere con i sistemi computerizzati possa tutto conoscere e tutto creare. Che il controllo dei dati possa offrire il controllo totale della biosfera e della vita umana. E che la capacità di distinguere il bene dal male non derivi da una scelta morale in una visione trascendente, ma si misuri su nuove possibilità illimitate derivanti da conoscenze straordinarie acquisibili grazie agli algoritmi. L’algoritmo diventa l’espressione di un nuovo gnosticismo. 

Una cieca fede nel progresso? 
Il problema è che di queste tematiche non si parla a sufficienza. Ma pian piano si diffondono. Vi sono aziende che selezionano il personale sulla base di algoritmi. Programmatori e progettisti convinti che dalle nuove tecnologie non potrà che derivare un bene. La società civile e il mondo politico tendenzialmente ignorano tutto questo o lo accettano acriticamente. È importante invece recuperare una visione critica. Come ha scritto Paolo VI nella Populorum progressio (n. 20), «se il perseguimento dello sviluppo richiede un numero sempre più grande di tecnici, esige ancor di più uomini di pensiero capaci di riflessione profonda, votati alla ricerca d’un umanesimo nuovo, che permetta all’uomo moderno di ritrovare se stesso, assumendo i valori superiori d’amore, di amicizia, di preghiera e di contemplazione».


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