Khalif che voleva andare in Europa per studiare e lavorare

«Vado in Europa». Con questa pazzia nel cuore Khalif si è messo a camminare, da solo. Passo dopo passo, lasciandosi alle spalle madre e padre, facendosi inghiottire dal deserto, senza paura, senza voltarsi indietro. Ci vuole coraggio, per noi adulti occidentali che senza navigatore ci sentiamo sperduti anche nel mezzo di una metropoli affollata, ma il viaggio di Khalif, cittadino del Mali, iniziava un anno fa quando di anni ne aveva otto.
«Vado in Europa perché voglio studiare e lavorare», ha detto a se stesso prima che agli altri, ma cos'era questa Europa nemmeno lo sapeva. Come un Eldorado o l’America dei nostri nonni, l’Europa di Khalif doveva essere la fine di ogni tribolazione, il luogo in cui si mangia tutti i giorni, la gente non si uccide per strada, i piccoli vanno a scuola e non a fare il soldato, se stai male ti curano. «Studiare e lavorare». È questa la benzina che lo ha fatto marciare per un anno, tra gli stenti, il lavoro forzato per pagarsi il viaggio, le botte, i ricatti, la prigione. Gli ultimi mesi li ha passati in Libia, l’inferno sulla terra, finché una notte ha avuto il suo angolino su un gommone e ha affrontato il mare nero...
A salvarlo è stata la 'Mare Jonio', ormai nota come 'la nave dei bambini', tanti ne portava a bordo. «Quando sarò in Europa potrò mandare soldi ai miei genitori », ha spiegato sei giorni fa al giornalista di Avvenire, Nello Scavo, a bordo della Mare Jonio, prima di essere sbarcato dai soccorritori della Guardia Costiera sulla spiaggia di Lampedusa.
Hai qualcuno ad aspettarti in Italia o in altri Paesi? « Non ho nessuno. Farò tutto da solo». Che paura può fare un continente intero, pur sconosciuto e poco accogliente, quando a nove anni si è già traversato il Sahara e si ha vinto la sfida con il mare?


Adattato da Avvenire del 4 settembre 2019 

Khalif è originario del Mali. I capelli corti e una maglietta troppo grande per farlo sembrare davvero grande.
A chi lo ha intervistato non voleva raccontare quello che ha dovuto affrontare: gli insulti degli aguzzini libici; i capricci sporchi dei guardiani della prigione; i piedi che ti fanno male per quante volte ti hanno picchiato perché ti mettessi in riga e chiedessi altri soldi.

Voleva che si sapesse il perché del suo viaggio: «Vado in Europa perché voglio studiare e lavorare»


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