Tra poco è Natale
Tra poco è Natale, e l'aria di festa è un po' forzata. La difficile situazione che stiamo vivendo ci rende seri, meno disponibili alla spensieratezza. Speriamo che non ci renda più diffidenti gli uni con gli altri.
Mi ha colpito la storia letta su Avvenire del 7 dicembre. Vorrei condiverla con voi.
«Ha all’incirca quarant’anni. È una bella donna dal volto sciupato e il sorriso spento.
Ben vestita, discreta, entra nella libreria cattolica dove mi trovo per comprare un libro. Nel negozio siamo solamente in tre: due sacerdoti e la commessa. La signora saluta sommessamente. Non è venuta per acquistare un Bambinello, ma per vendere qualcosa. Tira fuori dalla borsa, infatti, con estrema timidezza, una decina di accendini e chiede ai presenti la cortesia di prenderne qualcuno. Nessuno dei tre fuma, sicché l’invito cade nel vuoto. Di venditori di piccole cose inutili, a Napoli e dintorni, ce ne sono sempre stati tanti. In questi mesi di vacche scheletrite, logicamente, costoro sono più che triplicati. Tra di essi, tanti fratelli e sorelle dell’Europa dell’Est o dell’Africa nera, giunti in mezzo a noi ricolmi di speranze e costretti, poi, a mendicare o delinquere per non morire.
La signora, però, non è straniera, ma italiana, dall’accento napoletano appena percettibile. Si capisce da lontano che con quel 'lavoro' non ha dimestichezza alcuna. Quanto a noi, siamo già tornati a scrutare tra gli scaffali alla ricerca di ciò che ci interessa. La povera donna, però, non si arrende. Con la voce tremula e lo sguardo basso, farfuglia ancora qualcosa. Poi si fa coraggio, mette da parte gli accendini, e, chiamando a raccolta tutta la disperazione che la invade, implora: «Vi prego, fate la carità... fatela in suffragio dei vostri morti...».
L’improvvisata venditrice ambulante si è trasformata presto in una mendicante. Ma mendicare non è così facile come si crede. Occorre fare i conti con la vergogna, con il rossore che all’improvviso t’infiamma il volto, con la propria dignità che si ribella. Con il terrore di essere riconosciuti, e additati come pezzenti. A quelle parole avverto come un pugno nello stomaco. Un attimo. Solamente un attimo e già la mente corre al Vangelo della prima domenica di questo Avvento nuovo che ha già il sapore del Natale. Ricordo il monito di Gesù: «State attenti...». Attenti a chi? Attenti perché?
Mi sovviene il brano di una domenica precedente: Gesù accoglie nel suo regno i propri amici, felice di ricambiare la premurosa attenzione che, a suo tempo, hanno avuto per lui quando, malato, carcerato, solo, ha sofferto la fame, la sete, il freddo.
Anche oggi Gesù passa per le strade delle nostre città, delle nostre contrade. E si fa mendicante. E ci interpella. E ci sfida. Lo fa nascondendosi nei panni di questa donna dignitosa e povera. Una sorella venuta da chissà dove, che intercetta i miei passi e mi illumina il cammino. Non ho forse tante volte predicato: «I poveri? Saranno loro a salvare il mondo dalla noia e dal non senso. Loro che sanno conservare lo stupore per i mille miracoli che la vita mette sotto gli occhi nostri. I poveri? Ci sono così preziosi e necessari che occorrerebbe andarli a cercare e supplicarli in ginocchio di accettare il nostro aiuto...». Non ho forse chiesto, uscendo di casa stamattina: «Parla, Signore, che il tuo servo ascolta. Manda, ti prego, un angelo sul mio cammino»? Il Signore ha parlato con la voce imbarazzata di una sorella sconosciuta. Anch’io – ma lei non lo saprà mai – muoio dalla vergogna mentre le lascio scivolare qualcosa tra le mani, rammaricandomi di non aver capito prima.
«L’accendino, signora...». Lo voglio. Per non mortificarla. Mi sorride. Mi ritrovo in chiesa con l’accendino in mano e i pensieri che galoppano in libertà. Ho deciso. Sarà con l’accendino della signora sconosciuta che darò luce alle lampade che brillano davanti alla mangiatoia la notte di Natale, per ricordare al Dio Bambino tutti coloro che non riescono più a tenere il passo con questo mondo che corre tanto in fretta da dare l’impressione di essere impazzito».
Maurizio Patriciello
Mi ha colpito la storia letta su Avvenire del 7 dicembre. Vorrei condiverla con voi.
«Ha all’incirca quarant’anni. È una bella donna dal volto sciupato e il sorriso spento.
Ben vestita, discreta, entra nella libreria cattolica dove mi trovo per comprare un libro. Nel negozio siamo solamente in tre: due sacerdoti e la commessa. La signora saluta sommessamente. Non è venuta per acquistare un Bambinello, ma per vendere qualcosa. Tira fuori dalla borsa, infatti, con estrema timidezza, una decina di accendini e chiede ai presenti la cortesia di prenderne qualcuno. Nessuno dei tre fuma, sicché l’invito cade nel vuoto. Di venditori di piccole cose inutili, a Napoli e dintorni, ce ne sono sempre stati tanti. In questi mesi di vacche scheletrite, logicamente, costoro sono più che triplicati. Tra di essi, tanti fratelli e sorelle dell’Europa dell’Est o dell’Africa nera, giunti in mezzo a noi ricolmi di speranze e costretti, poi, a mendicare o delinquere per non morire.
La signora, però, non è straniera, ma italiana, dall’accento napoletano appena percettibile. Si capisce da lontano che con quel 'lavoro' non ha dimestichezza alcuna. Quanto a noi, siamo già tornati a scrutare tra gli scaffali alla ricerca di ciò che ci interessa. La povera donna, però, non si arrende. Con la voce tremula e lo sguardo basso, farfuglia ancora qualcosa. Poi si fa coraggio, mette da parte gli accendini, e, chiamando a raccolta tutta la disperazione che la invade, implora: «Vi prego, fate la carità... fatela in suffragio dei vostri morti...».
L’improvvisata venditrice ambulante si è trasformata presto in una mendicante. Ma mendicare non è così facile come si crede. Occorre fare i conti con la vergogna, con il rossore che all’improvviso t’infiamma il volto, con la propria dignità che si ribella. Con il terrore di essere riconosciuti, e additati come pezzenti. A quelle parole avverto come un pugno nello stomaco. Un attimo. Solamente un attimo e già la mente corre al Vangelo della prima domenica di questo Avvento nuovo che ha già il sapore del Natale. Ricordo il monito di Gesù: «State attenti...». Attenti a chi? Attenti perché?
Mi sovviene il brano di una domenica precedente: Gesù accoglie nel suo regno i propri amici, felice di ricambiare la premurosa attenzione che, a suo tempo, hanno avuto per lui quando, malato, carcerato, solo, ha sofferto la fame, la sete, il freddo.
Anche oggi Gesù passa per le strade delle nostre città, delle nostre contrade. E si fa mendicante. E ci interpella. E ci sfida. Lo fa nascondendosi nei panni di questa donna dignitosa e povera. Una sorella venuta da chissà dove, che intercetta i miei passi e mi illumina il cammino. Non ho forse tante volte predicato: «I poveri? Saranno loro a salvare il mondo dalla noia e dal non senso. Loro che sanno conservare lo stupore per i mille miracoli che la vita mette sotto gli occhi nostri. I poveri? Ci sono così preziosi e necessari che occorrerebbe andarli a cercare e supplicarli in ginocchio di accettare il nostro aiuto...». Non ho forse chiesto, uscendo di casa stamattina: «Parla, Signore, che il tuo servo ascolta. Manda, ti prego, un angelo sul mio cammino»? Il Signore ha parlato con la voce imbarazzata di una sorella sconosciuta. Anch’io – ma lei non lo saprà mai – muoio dalla vergogna mentre le lascio scivolare qualcosa tra le mani, rammaricandomi di non aver capito prima.
«L’accendino, signora...». Lo voglio. Per non mortificarla. Mi sorride. Mi ritrovo in chiesa con l’accendino in mano e i pensieri che galoppano in libertà. Ho deciso. Sarà con l’accendino della signora sconosciuta che darò luce alle lampade che brillano davanti alla mangiatoia la notte di Natale, per ricordare al Dio Bambino tutti coloro che non riescono più a tenere il passo con questo mondo che corre tanto in fretta da dare l’impressione di essere impazzito».
Maurizio Patriciello
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