La mancanza genera creatività
Si sa che il bambino privato di qualcosa è costretto a mettere in atto la sua immaginazione per risolvere il dolore. Se un bambino chiede un secondo gelato e i genitori pur di non sentirne i capricci glielo comprano non solo lo viziano, ma gli tarpano le ali.
Chi ha tutto non comincia mai la ricerca, perché non mette in moto l’immaginazione, la creatività, la sua relazione con il mondo a partire dalle proprie risorse interiori. Se i genitori resistono il bambino dovrà trovare altro per occupare il suo “bisogno” e lenire il dolore, magari sarà un gioco inventato sul momento: un mazzo di chiavi che diventa un amuleto, un bastone che diventa una spada. I bambini che hanno tutto e hanno tutto il tempo pieno, che non si annoiano mai, sono atrofizzati nella loro creatività, riempita dall’esterno e mai sgorgante dall’interno.
“Lasciate che i bambini vengano a me”, indica la necessità di essere bambini per accedere a Dio. Solo il bambino che è in noi può accedere, perché suo è il regno dei cieli, cioè il luogo in cui la chiamata di Dio, con i talenti ricevuti, è evidente.
Purtroppo poi gli uomini a cui è affidato il talento di altri possono rovinarlo, schiacciarlo, distruggerlo, standardizzarlo.
Il talento è cristallino nei bambini: basterebbe guardare un bambino per intercettarne a livello seminale e potenziale il talento che lo porterà ad occupare il suo posto nel mondo. Per questo chiedo ai miei ragazzi in crisi di futuro di stilare una lista di “10 cose che amano fare” e di “10 cose che sanno fare”. Se qualcosa tra le due liste coincide ecco emergere il talento. Si può amare ballare ma essere scoordinati: non si ha talento. Si può saper ballare ma non amare farlo: non si ha talento.
La scrittrice Flannery O’Connor a chi le chiedeva perché scriveva racconti rispondeva: “Perché mi riesce bene”. E amava farlo più di ogni altra cosa. I risultati sono capolavori.
Una volta trovato il talento si tratta di chiedersi: chi può aiutarmi a coltivarlo? Qual è il posto migliore per coltivarlo? Maestri e luoghi: andare a bottega.
A quel punto il futuro è solo questione di fortuna, che come dice Seneca “non esiste, esiste il momento il cui il talento incontra l’occasione”.
Alessandro d'Avenia (da Noi,Genitori & Figli,supplemento di Avvenire del 28 aprile 2013)
Chi ha tutto non comincia mai la ricerca, perché non mette in moto l’immaginazione, la creatività, la sua relazione con il mondo a partire dalle proprie risorse interiori. Se i genitori resistono il bambino dovrà trovare altro per occupare il suo “bisogno” e lenire il dolore, magari sarà un gioco inventato sul momento: un mazzo di chiavi che diventa un amuleto, un bastone che diventa una spada. I bambini che hanno tutto e hanno tutto il tempo pieno, che non si annoiano mai, sono atrofizzati nella loro creatività, riempita dall’esterno e mai sgorgante dall’interno.
“Lasciate che i bambini vengano a me”, indica la necessità di essere bambini per accedere a Dio. Solo il bambino che è in noi può accedere, perché suo è il regno dei cieli, cioè il luogo in cui la chiamata di Dio, con i talenti ricevuti, è evidente.
Purtroppo poi gli uomini a cui è affidato il talento di altri possono rovinarlo, schiacciarlo, distruggerlo, standardizzarlo.
Il talento è cristallino nei bambini: basterebbe guardare un bambino per intercettarne a livello seminale e potenziale il talento che lo porterà ad occupare il suo posto nel mondo. Per questo chiedo ai miei ragazzi in crisi di futuro di stilare una lista di “10 cose che amano fare” e di “10 cose che sanno fare”. Se qualcosa tra le due liste coincide ecco emergere il talento. Si può amare ballare ma essere scoordinati: non si ha talento. Si può saper ballare ma non amare farlo: non si ha talento.
La scrittrice Flannery O’Connor a chi le chiedeva perché scriveva racconti rispondeva: “Perché mi riesce bene”. E amava farlo più di ogni altra cosa. I risultati sono capolavori.
Una volta trovato il talento si tratta di chiedersi: chi può aiutarmi a coltivarlo? Qual è il posto migliore per coltivarlo? Maestri e luoghi: andare a bottega.
A quel punto il futuro è solo questione di fortuna, che come dice Seneca “non esiste, esiste il momento il cui il talento incontra l’occasione”.
Alessandro d'Avenia (da Noi,Genitori & Figli,supplemento di Avvenire del 28 aprile 2013)
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