All'origine delle parole mamma e papà

Mamma in italiano, mummy in inglese, ma­man in francese, mutti in tedesco, mama in spagnolo, mamo in polacco, mama in rus­so... Ma anche màma in cinese, mama in arabo, màm in india­no... In tutte le lingue del mondo, insomma, la parola mamma si dice allo stesso modo, così come il termine papà (bàba in cinese, baba in arabo, papa in russo...).
Idiomi lontanissimi tra loro, con origini totalmente diverse, han­no dunque un unico punto in co­mune proprio nel nominare i due genitori, fenomeno che affonda le sue radici nella notte dei tempi, quando gli idiomi che parliamo oggi si sta­vano formando. Apparentemente un affa­scinante mistero, in realtà un processo che i linguisti hanno studiato a fondo. Il fatto è che il suono 'mam­ma' (e le sue varianti dif­fuse tra tutte le popola­zioni del pianeta) ha un’o­rigine legata indissolubil­mente all’inizio della vita e na­sce da un rapporto altrettanto in­dissolubile tra il neonato e sua madre.
Ogni bambino del mon­do (fin dalla preistoria, fin da quando l’essere umano ha pro­vato a esprimersi e a inventare un linguaggio) poco dopo la na­scita inizia a pronunciare le sil­labe più attese da ogni genitore, quel balbettio 'ma ma ma' e 'pa pa pa' (o 'ba') con il quale non fa altro che esplorare il mondo dei suoni. È un’attività che non avviene durante il pianto, ma nei momenti di benessere: come di­mostrano tutti gli studi, il neo­nato prova suoni e vocalizzi, li af­fina, ripete con evidente soddi­sfazione le sillabe che ha scoper­to per caso. È quella che gli e­sperti chiamano lallazione, un pre-linguaggio che il bimbo sco­pre nei primi tre mesi. Ma come mai insiste proprio su 'ma' e 'pa'? I suoni M e P (o B) sono le prime conso­nanti pronunciate in tutte le comunità lin­guistiche da tutti i bambini del mondo, a prescindere dalla lingua che poi parle­ranno, perché sono facili: per emetterle, infatti, si usano le lab­bra (ben più compli­cata ad esempio è la erre, l’ultima che si impara). La vocale A poi si pronuncia aprendo solo la bocca e lasciando uscire il fiato... Così 'ma' e 'pa' sono le prime prove di conversazione, le silla­be che per istinto – e non per in­duzione da parte degli adulti – o­gni bambino scopre e apprezza. Verso i sei mesi, poi, impara a ri­peterle più volte, balbettando le fatidiche parole che assomiglia­no a mamma e papà. Si tratta di un processo univer­sale, sul quale solo poi si innesta un gioco di interazione con i ge­nitori, che gratificano il bambino imitandolo, ripetendo i suoi stes­si suoni per coccolarlo, con un’a­zione (involontaria) di rinforzo di quanto il bim­bo si era inventa­to: se prima pro­nunciava per i­stinto quelle sil­labe esplorando i suoni con cre­scente soddisfa­zione, gradata­mente tali suoni si fissano rinfor­zati dall’interlo­cutore, quella mamma e quel papà che il neonato finisce per i­dentificare con quei nomi. So­prattutto la madre, che vede in viso durante l’allattamento e con la quale instaura un legame in­tensissimo (evidente tra l’altro il rapporto tra il suono mamma e l’onomatopea del succhiare il lat­te). Insomma, non è l’adulto che in­segna al neonato i vocaboli mamma e papà, ma i neonati di tutto il mondo e di ogni epoca che li hanno insegnati ai loro ge­nitori, i quali non hanno fatto che ripeterli contribuendo al fissag­gio del termine, ma nulla più. Si può dire a questo punto che en­trambe le parole sono istintuali, sono proprie di ogni essere u­mano, sono nel Dna di ogni pic­colo cinese, tedesco, russo, ara­bo, australiano. Lo erano dei figli che nascevano in epoca pre­istorica. Lo sono sempre state. Mamma è la prima parola che ha detto ognuno di noi, ma è anche la prima parola che ha detto l’u­manità.

Tratto da LUCIA BELLASPIGA in Avvenire del 19 settembre 2013

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