La disponibilità affettiva è più vitale del cibo

«La psicanalisi ha scoperto che la dispo­nibilità affettiva è più vitale del cibo: ap­pena nato, il neonato si arrampica verso il seno e la madre lo accoglie, se lo la­sciasse cadere sarebbe preda degli ani­mali. Significa che prima scatta l’attac­camento, poi c’è il cibo. Portato ai giorni nostri, dagli atteggiamenti affettivi di­pende la sopravvivenza della specie. Da qui l’importanza della famiglia. 
La famiglia è un’entità naturale i cui co­dici affettivi materno e paterno sono pre­disposti biologicamente proprio per la sopravvivenza della specie. Rispetto le coppie omosessuali, ma non sono cop­pie fertili e questo qualcosa vuol dire. Il mio no è assoluto a tutto ciò che violen­ta la natura, in primo luogo l’utero in af­fitto, un business inaccettabile che cal­pesta la donna e il nascituro.
(...) è provato scientifica­mente che nell’utero il bimbo conosce il benessere assoluto, una felicità suprema dal concepimento alla nascita. Perché la natura gli ha dato questa felicità pre-vi­ta? Perché entrando nella vita la ricerchi, avendola conosciuta, e la funzione geni­toriale non è dirgli "è finita" ma "ti inse­gno come ritrovarla". Migliorare la storia dell’uomo è il primo ruolo di ogni geni­tore e poi lo sarà di quel figlio, che incu­bato nell’amore restituirà la cura».

 Giuliana Mieli, psicoterapeuta, intervistata da Lucia Bellaspiga, in Avvenire del 4 febbraio 2014 

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