Sul registro elettronico
Per quanto abbia un approccio positivo nei confronti della tecnologia, faccio mie le perplessità sollevate da Roberto Carnero su Avvenire del 18 gennaio 2014:
«Nel mio liceo da settembre è diventato obbligatorio l’utilizzo del registro elettronico di classe, mentre – quanto al registro personale di ogni docente – si è lasciato a ciascuno di noi la facoltà di scegliere se utilizzare, anche qui, il registro digitale, oppure se continuare a usare quello cartaceo ancora per un anno (l’ultimo, perché dal prossimo anno scolastico sarà obbligatorio per tutti quello elettronico). Confesso di aver scelto il registro cartaceo, come hanno fatto molti altri colleghi. Non tanto per pigrizia o per misoneismo, quanto per una pratica ragione di prudenza: con la connessione Internet che va e viene, che un giorno si blocca e l’altro pure (nella mia scuola, ma, a quanto mi dicono, nella maggior parte degli istituti statali), mi preoccupava il fatto di potermi trovare qualche mattina a non poter accedere ai dati. Man mano che le settimane sono passate, mi sono convinto di aver fatto la scelta giusta. Perché sono molte le lamentele dei colleghi che invece hanno aderito alla sperimentazione: lamentele che non riguardano soltanto la mera questione tecnica della connessione, ma una più ampia e più seria tematica pedagogica. Poiché con il registro elettronico i genitori degli studenti possono accedere, tramite password, ai dati dei loro figli (assenze, voti ecc.), cioè a un’informazione in tempo reale della situazione scolastica, si bypassa la mediazione dello studente, andando a creare un rapporto diretto tra docente e genitori. Si tratta però di un rapporto solo apparente: l’informazione del registro è 'grezza', si riferisce solo ai dati quantitativi (i voti) e non può in alcun modo sostituire una vera relazione scuolafamiglia, che è data soltanto dall’incontro e dal confronto diretto e personale tra insegnanti e genitori. C’è poi un altro problema, ancora più serio, rappresentato dal rischio di favorire una de-responsabilizzazione degli studenti rispetto alla condivisione delle situazioni scolastiche con la famiglia. Queste informazioni in tempo reale costituiscono un pericolo per l’autonomia della crescita degli studenti, concorrendo (insieme con il telefonino, che qualcuno non a torto ha definito «guinzaglio virtuale») a quel «controllo elettronico» a distanza, che spesso genera nei ragazzi una certa ansia e può avere un effetto regressivo nei rapporti con i loro genitori».
Che ne pensate?
«Nel mio liceo da settembre è diventato obbligatorio l’utilizzo del registro elettronico di classe, mentre – quanto al registro personale di ogni docente – si è lasciato a ciascuno di noi la facoltà di scegliere se utilizzare, anche qui, il registro digitale, oppure se continuare a usare quello cartaceo ancora per un anno (l’ultimo, perché dal prossimo anno scolastico sarà obbligatorio per tutti quello elettronico). Confesso di aver scelto il registro cartaceo, come hanno fatto molti altri colleghi. Non tanto per pigrizia o per misoneismo, quanto per una pratica ragione di prudenza: con la connessione Internet che va e viene, che un giorno si blocca e l’altro pure (nella mia scuola, ma, a quanto mi dicono, nella maggior parte degli istituti statali), mi preoccupava il fatto di potermi trovare qualche mattina a non poter accedere ai dati. Man mano che le settimane sono passate, mi sono convinto di aver fatto la scelta giusta. Perché sono molte le lamentele dei colleghi che invece hanno aderito alla sperimentazione: lamentele che non riguardano soltanto la mera questione tecnica della connessione, ma una più ampia e più seria tematica pedagogica. Poiché con il registro elettronico i genitori degli studenti possono accedere, tramite password, ai dati dei loro figli (assenze, voti ecc.), cioè a un’informazione in tempo reale della situazione scolastica, si bypassa la mediazione dello studente, andando a creare un rapporto diretto tra docente e genitori. Si tratta però di un rapporto solo apparente: l’informazione del registro è 'grezza', si riferisce solo ai dati quantitativi (i voti) e non può in alcun modo sostituire una vera relazione scuolafamiglia, che è data soltanto dall’incontro e dal confronto diretto e personale tra insegnanti e genitori. C’è poi un altro problema, ancora più serio, rappresentato dal rischio di favorire una de-responsabilizzazione degli studenti rispetto alla condivisione delle situazioni scolastiche con la famiglia. Queste informazioni in tempo reale costituiscono un pericolo per l’autonomia della crescita degli studenti, concorrendo (insieme con il telefonino, che qualcuno non a torto ha definito «guinzaglio virtuale») a quel «controllo elettronico» a distanza, che spesso genera nei ragazzi una certa ansia e può avere un effetto regressivo nei rapporti con i loro genitori».
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