Le lingue dei nomadi
Vi siete mai chiesti che lingua parlano i nomadi?
Ho trovato un'interessante articolo su Popotus dell'8 marzo 2018 che ci aiuta a capire quanto sia complesso e affascinante il mondo di coloro che chiamiamo, in tono sbrigativo e spesso sprezzante, zingari.
«Difficile dare una risposta, perché si tratta di popolazioni che da secoli non risiedono in un luogo fisso, ma sono sparse in varie parti d’Europa e d’Italia e perfino negli Stati Uniti.
Intanto cerchiamo di conoscere e interpretare in modo corretto i nomi degli appartenenti ai vari gruppi di nomadi (chiamati genericamente zingari, parola di origine greca): si distinguono in rom (che nella loro lingua significa “uomo, essere umano”), sinti (parola che deriva da Sindh, regione del Pakistan dalla quale provengono), o camminanti (e in questo caso è facile capire perché si chiamano così).
In Italia le popolazioni nomadi arrivarono nel Quattrocento: oggi i nomadi sono circa 140.000, ma molti di loro hanno preso da tempo la cittadinanza italiana. La loro lingua si chiama romanì o romanés, e comprende tante varietà diverse, a seconda delle lingue con le quali questi gruppi sono venuti in contatto durante i loro viaggi.
La lingua romanì o romanés discende dai dialetti parlati anticamente nell’India settentrionale, da dove quelle popolazioni partirono. Molte parole di questa lingua derivano dal persiano, dal curdo, dall'armeno, dal greco, e stanno a testimoniare il lungo percorso fatto tra l’VIII e il XII secolo d.C. dalle popolazioni nomadi dall'India fino all'Europa. In Italia le comunità rom e sinti si stanziarono anticamente in Piemonte, Lombardia ed Emilia, poi nella prima metà del Novecento arrivarono i rom provenienti dalla Slovenia, dalla Croazia, dall’Istria, dalla Bosnia.
I nazisti perseguitarono i rom e i sinti, che furono deportati nei campi di concentramento: circa 500.000 di loro furono uccisi nei campi di sterminio. Oggi le minoranze rom in Italia parlano una lingua mescolata con l’italiano, o influenzata dal rumeno e dalle lingue parlate nei Balcani. Se volete avere un’idea di questa lingua, basta ascoltare la canzone Khorakhané dedicata dal grande cantautore Fabrizio De André al popolo khorakhané (che significa “lettori del Corano”), rom musulmani originari del Kosovo che durante la guerra nella ex Jugoslavia si rifugiarono nella zona di Brescia.
I nomadi chiamati “camminanti” (o “siciliani erranti”), invece, sono diffusi in Sicilia, ma anche a Napoli, Roma, Milano, città nelle quali si spostano su roulotte e camper. Non si conosce la loro origine, e qualche studioso pensa che siano i discendenti dei sopravvissuti al terremoto del 1693 che colpì la Val di Noto in Sicilia. I camminanti parlano una lingua diversa, il baccagghiu, molto simile al dialetto siciliano.
Vi lascio il video della canzone di De André: la parte finale della canzone è cantata nella lingua dei
khorakhané.
Ho trovato un'interessante articolo su Popotus dell'8 marzo 2018 che ci aiuta a capire quanto sia complesso e affascinante il mondo di coloro che chiamiamo, in tono sbrigativo e spesso sprezzante, zingari.
«Difficile dare una risposta, perché si tratta di popolazioni che da secoli non risiedono in un luogo fisso, ma sono sparse in varie parti d’Europa e d’Italia e perfino negli Stati Uniti.
Intanto cerchiamo di conoscere e interpretare in modo corretto i nomi degli appartenenti ai vari gruppi di nomadi (chiamati genericamente zingari, parola di origine greca): si distinguono in rom (che nella loro lingua significa “uomo, essere umano”), sinti (parola che deriva da Sindh, regione del Pakistan dalla quale provengono), o camminanti (e in questo caso è facile capire perché si chiamano così).
In Italia le popolazioni nomadi arrivarono nel Quattrocento: oggi i nomadi sono circa 140.000, ma molti di loro hanno preso da tempo la cittadinanza italiana. La loro lingua si chiama romanì o romanés, e comprende tante varietà diverse, a seconda delle lingue con le quali questi gruppi sono venuti in contatto durante i loro viaggi.
La lingua romanì o romanés discende dai dialetti parlati anticamente nell’India settentrionale, da dove quelle popolazioni partirono. Molte parole di questa lingua derivano dal persiano, dal curdo, dall'armeno, dal greco, e stanno a testimoniare il lungo percorso fatto tra l’VIII e il XII secolo d.C. dalle popolazioni nomadi dall'India fino all'Europa. In Italia le comunità rom e sinti si stanziarono anticamente in Piemonte, Lombardia ed Emilia, poi nella prima metà del Novecento arrivarono i rom provenienti dalla Slovenia, dalla Croazia, dall’Istria, dalla Bosnia.
I nazisti perseguitarono i rom e i sinti, che furono deportati nei campi di concentramento: circa 500.000 di loro furono uccisi nei campi di sterminio. Oggi le minoranze rom in Italia parlano una lingua mescolata con l’italiano, o influenzata dal rumeno e dalle lingue parlate nei Balcani. Se volete avere un’idea di questa lingua, basta ascoltare la canzone Khorakhané dedicata dal grande cantautore Fabrizio De André al popolo khorakhané (che significa “lettori del Corano”), rom musulmani originari del Kosovo che durante la guerra nella ex Jugoslavia si rifugiarono nella zona di Brescia.
I nomadi chiamati “camminanti” (o “siciliani erranti”), invece, sono diffusi in Sicilia, ma anche a Napoli, Roma, Milano, città nelle quali si spostano su roulotte e camper. Non si conosce la loro origine, e qualche studioso pensa che siano i discendenti dei sopravvissuti al terremoto del 1693 che colpì la Val di Noto in Sicilia. I camminanti parlano una lingua diversa, il baccagghiu, molto simile al dialetto siciliano.
Vi lascio il video della canzone di De André: la parte finale della canzone è cantata nella lingua dei
khorakhané.
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