Comunità: la ricchezza del dono di sé

Ho letto su Avvenire di domenica 7 novembre, un'interessante riflessione del priore di Bose, Enzo Bianchi, sulla comunità. Mi piace poter condividere con voi alcune idee che ne ho tratto.
In primo luogo, possiamo far risalire la parola "comunità", che in latino si dice communitas, da cum-munus, nel doppio significato di "dono" e, nel contempo, di "dovere" comune. La comunità, quindi, va intesa come condivisione del dono, del dovere, della responsabilità. Entrare nella communitas vuol dire proprio condividere con gli altri, esporsi all'altro. La comunità nasce nel momento in cui mi sento responsabile dell'altro.
L'altro è altro e tale deve rimanere, l'altro è unico, tra io e tu c'è un'irrimediabile distanza; nel contempo, però, io e l'altro, io e tu siamo chiamati alla relazione, al dialogo, all'accoglienza reciproca, e questo richiede una grande responsabilità dell'uno verso l'altro. Da questa responsabilità, da questo deporre la sovranità del mio io, nasce l'incontro con l'altro, tanto che che dall'io e dal tu si può arrivare al noi.
Certo che in una cultura come la nostra, dove prevale l'io con i suoi desideri che diventano bisogni da soddisfare immediatamente, c'è da riscoprire la responsabilità e l'apertura verso l'altro, che diventano fraternità, comunione.
Solo la comunione, la fraternità, la relazione, l'amore, possono dare senso a ciascuno di noi; sono la vera via dell'umanizzazione.

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