Alla ricerca della pace
Periodo di vacanze. Tutti (per lo meno chi se lo può permettere) alla ricerca di un po' di pace, lontani dalla frenesia della città, dei tempi troppo stretti, del correre. Non mi sembra che l'obiettivo si raggiunga sempre, quello della pace intendo. Che cos'è la pace? Come si può cercare qualcosa che non si sa definire? L'essere in pace con se stessi è davvero la pace?
Prendo in prestito alcuni pensieri di Roberta Vinerba, pubblicati su "Noi. Genitori & Figli", supplemento di Avvenire del 24 giugno 2012.
«La pace del mondo è sinonimo di stare bene con se stessi, una sorta di mantra ripetuto dai cattivi maestri che vogliono farci credere che la misura del bene e del male, del giusto e dell'ingiusto sia la sensazione di galleggiamento nel nulla, di assenza di problemi, di sospensione del tempo. La pace come assenza.
[...] la pace che dà il Signore è tutt'altro che svuotamento, è abitata dalla presenza di Dio e in Lui di tutta me stessa e di tutti i miei problemi, le mie preoccupazioni, le mie speranze, le mie attese. La pace del mondo mi chiude in me stesso, è un gorgo che mi spinge più giù e che quando finisce, quando finisce lo spinello, la bottiglia, la velocità forsennata, ti lascia mancante, privato di un pezzo di te e della tua vita. Non basta essere in pace con se stessi per dire che la strada intrapresa è giusta. Non mi devo stancare, non dobbiamo stancarci di dire ai nostri figli che l'idea di pace con se stessi è una roba inventata da un mondo che ti vuole narcotizzare e ti mangia la vita a morsi.
La vera pace ti inquieta, ti toglie il sonno, ti spinge ad agire, ti rende desto, pronto, fianchi cinti e occhi pronti per camminare a schiena dritta nella vita».
Prendo in prestito alcuni pensieri di Roberta Vinerba, pubblicati su "Noi. Genitori & Figli", supplemento di Avvenire del 24 giugno 2012.
«La pace del mondo è sinonimo di stare bene con se stessi, una sorta di mantra ripetuto dai cattivi maestri che vogliono farci credere che la misura del bene e del male, del giusto e dell'ingiusto sia la sensazione di galleggiamento nel nulla, di assenza di problemi, di sospensione del tempo. La pace come assenza.
[...] la pace che dà il Signore è tutt'altro che svuotamento, è abitata dalla presenza di Dio e in Lui di tutta me stessa e di tutti i miei problemi, le mie preoccupazioni, le mie speranze, le mie attese. La pace del mondo mi chiude in me stesso, è un gorgo che mi spinge più giù e che quando finisce, quando finisce lo spinello, la bottiglia, la velocità forsennata, ti lascia mancante, privato di un pezzo di te e della tua vita. Non basta essere in pace con se stessi per dire che la strada intrapresa è giusta. Non mi devo stancare, non dobbiamo stancarci di dire ai nostri figli che l'idea di pace con se stessi è una roba inventata da un mondo che ti vuole narcotizzare e ti mangia la vita a morsi.
La vera pace ti inquieta, ti toglie il sonno, ti spinge ad agire, ti rende desto, pronto, fianchi cinti e occhi pronti per camminare a schiena dritta nella vita».
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