Noi e i buddisti
padre Angelo Campagnoli |
“In Italia – mi dice - molti pensano che più o meno tutte le religioni sono eguali, invece tra cristianesimo e buddismo ci sono profonde differenze. Ad esempio, noi ci scandalizziamo giustamente per la divisione delle Chiese cristiane, ma il buddismo è molto meno unito. Nel solo Giappone ci sono 18 scuole diverse di buddismo, ciascuna delle quali dice che le altre sono sbagliate e nessuno si meraviglia.
“Fra cristianesimo e buddismo vi sono molte cose che sembrano simili mentre sono profondamente diverse. Ad esempio, nel buddismo la distinzione tra bene e male è meccanica, fatalista, il karma; nel cristianesimo la vita dell’uomo è un rapporto con Dio. Quindi anche se i nostri comandamenti dal quinto in avanti li hanno anche i buddisti, però ti accorgi che è diverso. Il cristiano sa che il comandamento viene da Dio, padre misericordioso che mi ha creato e mi vuol bene e quella legge corrisponde al mio bene; il buddista non deve fare il male per paura, perché altrimenti paga la sua disobbedienza attraverso la legge del karma che verrà applicata nella prossima rinascita. Ecco la differenza. Il cristianesimo è un rapporto con Dio, è rispondere ad un amore che ci ha amato per primo; mentre nel buddhismo non c’è nessuno rapporto del genere: c’è una regola che è il karma, legge che non ha perdono”.
A Phrae padre Angelo è stato invitato dai monaci buddisti a fare loro corsi di cristianesimo. L’abate gli diceva: “Ci sono sempre più turisti stranieri che vengono a visitare il nostro monastero e ci chiedono di spiegare loro il buddismo. Invito te, che sei un prete cattolico bene inculturato in Thailandia, a spiegarci il cristianesimo, in modo che possiamo parlare a questi turisti in modo appropriato. Campagnoli faceva dei corsi di cristianesimo a questi monaci, diventando loro amico. E poi aggiunge: “Nello spiegare il cristianesimo, dicevano che io faccio un salto. Il mio non è un ragionamento logico, perché dico cose che non spiego. Io ribattevo che questa è la fede in Dio, che vuol dire fidarsi di Dio che mi ama. E loro dicevano: ma noi facciamo solo quello che capiamo”.
Il dialogo con i buddisti, questa l’esperienza di padre Angelo, è progressivo, non è un confronto tra le fedi religiose e le verità da credere, ma una graduale e vicendevole comprensione e il racconto delle proprie esperienze. A loro interessa la vita non la teologia. Dice: “Un atteggiamento battagliero che esprime in modo deciso e aggressivo le proprie idee è il modo più sicuro per allontanare il tuo interlocutore. Se gli chiudi la bocca con le tue ragioni vincenti, non lo vedi più, starà alla larga: ci tiene troppo alla sua serenità interiore. Mai tentare di dimostrare che la tua religione è migliore della sua: puoi dire tutto il bene che vuoi della tua, ma non fare mai il confronto”. E racconta questo aneddoto di un catechista cattolico. Un amico buddista insisteva perché gli dicesse quale era la religione migliore: il cristianesimo o il buddismo? Il catechista intelligentemente gli risponde: “E tu dimmi: è migliore la mia moglie o la tua?”. E la conversazione fini lì. Guai se gli avesse detto che è il cristianesimo, avrebbe forse rotto il rapporto di amicizia.
“Io ho scoperto queste cose frequentando i buddisti, dice padre Angelo. Il dialogo inter-religioso è un’esperienza difficile e delicata, siamo ancora ai primi passi in questo cammino”. E conclude raccontando un’immagine che usava il grande guru Buddhadasa: “La vetta a cui vogliamo e dobbiamo arrivare è unica, le vie di ascesa sono diverse e ciascuno pensa che sta salendo per quella giusta”. Ma, dico io, conclude Angelo, se Chi sta sulla vetta mi grida giù: “Guarda che questa è la via maestra, la direttissima, la garantita”, io non posso che voltarmi verso l’amico che sta salendo per un’altra via e trasmettergli quel grido dall’Alto. E se lui continua imperterrito la sua faticosa salita, non mi resta che alzare il capo e gridare verso Colui che sta sulla vetta: “Signore, dai una voce più chiara anche da quella parte!”. E con la mia voce magari un po’ strozzata, affidare al vento dello Spirito un “Arrivederci sulla vetta, amico buddista”. E questo non è relativismo, ma la speranza di incontrarci tutti al termine del nostro cammino poiché noi sappiamo che la salvezza di Cristo arriva a tutti, anche a quelli che non lo sanno”.
FONTE: La Bussola Quotidiana
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