Cristiani e indù insieme per la libertà religiosa

In occasione della festa indù di Deepavali, che viene celebrata oggi, vi riporto un articolo di AVVENIRE, pubblicato il 21 ottobre 2011.
«La libertà religiosa è annoverata tra i diritti umani fondamentali, che si radicano nella dignità della persona umana. Quando essa viene messa a repentaglio o negata, tutti gli altri diritti umani sono in pericolo». Lo sottolinea il messaggio del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso in vista della festa indù di Deepavali, che quest’anno verrà celebrata il 26 ottobre. Quando è rispettata e promossa – aggiunge il testo firmato dal presidente del dicastero vaticano, il cardinale Jean-Louis Tauran e dal segretario, l’arcivescovo Pier Luigi Celata – «la libertà religiosa consente ai credenti di collaborare con maggior entusiasmo, con i propri concittadini, nella costruzione di un ordine sociale giusto ed umano». Di qui anche l’invito a collaborare insieme, cristiani e indù, per «dare un contributo specifico al bene comune». I campi non mancano: «solo per citarne alcuni», recita ancora il documento, riguardano «la difesa della vita e della dignità della famiglia, la solida educazione della gioventù, l’onestà nel comportamento di ogni giorno, la preservazione delle risorse naturali». Tuttavia sono ancora molte le realtà in cui professare il proprio credo è ostacolato o proibito. Sebbene infatti «l’esercizio di questo diritto» comprenda la facoltà «di ogni persona di professare, praticare e diffondere la propria religione o fede, sia in pubblico che in privato, individualmente o comunitariamente, esso implica anche un serio obbligo, da parte delle autorità civili, degli individui e dei gruppi, di rispettare la libertà degli altri. Esso – prosegue il messaggio – comprende, inoltre, la libertà di cambiare la propria religione». Cerchiamo quindi – aggiungono Tauran e Celata – «di unire i nostri sforzi per promuovere la libertà religiosa come una nostra comune responsabilità, chiedendo ai capi delle nazioni di non trascurare mai la dimensione religiosa della persona umana».

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