I cavernicoli erano più intelligenti di noi?!!!

Leggo su Popotus del 15 novembre 2012:
«In barba all’evoluzione della specie, stiamo diventando sempre più stupidi. Almeno secondo gli scienziati dell’Università Stanford, convinti che la nostra intelligenza sia in costante diminuzione poiché non ne abbiamo più bisogno per sopravvivere. I ricercatori sostengono che stiamo perdendo le nostre capacità intellettuali – assieme a quelle emotive – perché, mentre millenni fa essere intelligenti poteva fare la differenza tra vivere e morire, oggi si sopravvive tranquillamente anche senza tutte le cellule grigie all’erta. All’origine della storia dell’uomo l’intelligenza era fondamentale per la sopravvivenza, ma, con il mutare delle condizioni ambientali, abbiamo cominciato a perdere lentamente terreno, dicono i ricercatori».
Devo confessarvi che, da qualche anno a questa parte, anche io ho cominciato a dubitare dell'intelligenza delle giovani generazioni. Non me ne vogliate, ma ci sono momenti in cui, mentre guardo il modo di comportarsi di alcuni alunni, qualche sospetto mi viene.
I nostri giovani sono sicuramente svegli, brillanti, ma quasi del tutto incapaci di adeguarsi alle situazioni. L'intelligenza, in fondo, è proprio la capacità di adeguare o modificare, se necessario, le strategie individuali alle caratteristiche dei problemi, agli obiettivi perseguiti e ai risultati ottenuti. E questo mi sembra che a volte manchi nei ragazzi.
E' interessante notare come l'articolo sottolinei il legame tra le capacità intellettuali e quelle emotive, e anche su questo punto mi ritrovo con le conclusioni dei ricercatori dell'Università di Stanford.
Forse non è proprio così vero che la specie sta diventando stupida, ma per porre un argine alla stupidità noi adulti dobbiamo ritornare a mettere l'educazione delle giovani generazioni al centro del nostro impegno. Non possiamo educare rinunciando a trasmettere valori forti come l'impegno, la fatica, il sacrificio, l'attenzione agli altri. L'educazione li deve accompagnare a comprendere la realtà per inserirsi in essa in modo sempre più responsabile e libero.
Per questo si deve anche avere il coraggio di abbandonare quell'atteggiamento relativista che, non riconoscendo nulla come definitivo, lascia come ultima misura solo il proprio io con le sue voglie.

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